Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato  (codice
fiscale     n.     80224030587,     fax     06/96514000     e     PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici in Roma  alla
via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato ex lege,  contro  la  Regione
Veneto,  in  persona  del  suo  Presidente  pro   tempore,   per   la
declaratoria della illegittimita' costituzionale  della  legge  della
Regione Veneto 19 luglio 2014, n. 17, pubblicata nel BUR n. 62 del 24
giugno 2014, recante modifica della legge regionale 28.XII.1993 n. 60
«Tutela degli animali da affezione  e  prevenzione  dal  randagismo»,
limitatamente all'art. 2 che, dopo il  comma  6  dell'art.  8,  legge
regionale n. 60/93, ha aggiunto il comma 6-ter, come da delibera  del
Consiglio dei  ministri  in  data  31  luglio  2014,  per  violazione
dell'art. 117, commi 1 e 2, lettera e) Cost. 
 
                                Fatto 
 
    In data 24 giugno 2014, sul n. 62 del BUR, e' stata pubblicata la
legge della regione Veneto 19 luglio 2014, n. 17,  recante  le  norme
sulla  «Tutela  degli  animali  da  affezione   e   prevenzione   dal
randagismo». 
    La legge, nel disciplinare le modalita'  di  realizzazione  delle
strutture e delle recinzioni per il ricovero dei  cani  e  dei  gatti
nonche' della custodia degli animali di affezione in genere, vietando
l'utilizzo della catena o di qualunque altro strumento di contenzione
similare, salvo che per ragioni sanitarie o per misure  di  sicurezza
certificata dal  veterinario  curante,  ha  previsto  all'art.  2  di
modificare l'art. 8 della legge regionale n. 60/93, introducendovi un
comma 6-ter in base al quale «le strutture e le recinzioni realizzate
secondo le modalita' di cui al comma 6-bis  sono  sempre  consentite,
anche  in  deroga  alla  normativa   regionale   e   agli   strumenti
territoriali, ambientali, urbanistici ed edilizi». 
    L'art. 2 della legge regionale n. 17/2014 ora richiamato si  pone
in contrasto con la Costituzione per i seguenti. 
 
                               Motivi 
 
    Illegittimita'  dell'art.  2,  legge  regionale  n.  17/2014  per
violazione dell'art. 117, comma 1 e comma  2,  lettera  S,  sotto  il
profilo dei vincoli derivanti dall'ordinamento  comunitario  e  dagli
obblighi  internazionali,  nonche'  sotto  il  profilo  della  tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni  culturali  regolati  dalla
normativa nazionale. 
    1) Sotto il primo profilo si rileva che l'ampiezza  della  deroga
consentita dall'art. 2  della  legge  regionale  n.  17/2014  per  la
realizzazione  delle  strutture  e  delle  recinzioni  destinate   ad
accogliere gli animali da affezione,  deroga  che  puo'  operare  sia
rispetto alla normativa regionale sia rispetto a tutti gli  strumenti
territoriali ed ambientali (oltre  che  urbanistici  ed  edilizi)  va
necessariamente a confliggere con la normativa  comunitaria  recepita
nel  nostro ordinamento attraverso l'art. 5 del dpr 357/1997, vale  a
dire  la  direttiva   92/43/CEE   «habitat»   riguardante   le   aree
appartenenti alla Rete Natura 2000 (SIC/ASC/205). 
    In particolare l'art. 6 co. 3 della Dir.  92/43/CEE  dispone  che
qualsiasi piano o progetto non  direttamente  connesso  e  necessario
alla gestione del sito (zona speciale  di  conservazione  di  cui  ai
commi 1 e 2) ma che possa avere su di  esso  incidenze  significative
deve essere oggetto di una valutazione circa  l'incidenza  sul  sito,
operata tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo e
che solo all'esito delle conclusioni di tale valutazione le autorita'
nazionali  competenti  possono  dare  il  loro  accordo   (benestare,
autorizzazione) al piano o progetto, purche' sussista la certezza che
non sara' pregiudicata  l'integrita'  del  sito  stesso,  richiedendo
persino, se  ritenuto  necessario,  il  previo  parere  dell'opinione
pubblica. 
    Questa speciale attenzione della normativa comunitaria -  che  si
spiega  in  considerazione  della  rilevanza  della  finalita'  della
direttiva che ha voluto impegnare i paesi europei nella tutela  della
biodiversita'  e  degli  habitat  naturali  e  delle  specie  animali
minacciate - ha trovato una puntuale attuazione nel  dpr  357/97  che
all'art. 5 ha demandato alle Regioni e alle province  la  definizione
di modalita' di presentazione  degli  studi,  l'individuazione  delle
autorita' competenti, la previsione dei tempi di attuazione  ai  fini
della valutazione di incidenza dei piani  e  degli  interventi.  Tale
ampia  ed  accurata  rete  di  tutela  predisposta  dalle   autorita'
comunitarie e  dal  legislatore  nazionale  viene  semplicisticamente
evitata ed elusa dalla legge regionale qui impugnata per le strutture
e le recinzioni degli animali di affezione alla sola  condizione  che
esse siano  realizzate  secondo  le  indicazioni  tecniche  e  con  i
requisiti stabiliti dalla  Giunta  regionale  sentita  la  competente
commissione consiliare. 
    Sembra evidente che la disposizione qui  impugnata  viola  allora
l'art.  117  co.  1  Cost.  non  rispettando  i   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario ed in particolare quello previsto  dalla
Dir. 92/43 CEE art. 6 recepita con il dpr 357/1997 art. 5. 
    2)   Sotto   un   secondo   profilo,   come   si   e'   premesso,
l'illegittimita' costituzionale si pone in relazione all'art. 117 co.
2 lett. S), che attribuisce allo  Stato  la  competenza  esclusiva  a
legiferare in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e  dei
beni culturali. 
    Ripetutamente codesta Corte si e' pronunciata  in  proposito  per
sancire che le disposizioni  legislative  statali  adottate  in  tale
ambito fungono da limite alla disciplina  che  le  Regioni,  anche  a
statuto speciale, possono dettare nei  settori  di  loro  competenza,
essendo ad esse consentito eventualmente di incrementare  il  livello
di tutela ambientale, purche'  non  venga  compromesso  il  punto  di
equilibrio espressamente individuato dalle norme dello Stato (cfr. le
sentenze 225/2009, 66/2012 e 58, 300/2013 e recentemente 210/2014). 
    Gia' in linea generale pertanto una norma come  quella  in  esame
che  consente  la  realizzazione  di  opere,  quale  che  siano,  sul
territorio  in  deroga  agli  strumenti  territoriali  ed  ambientali
risulta viziata, prescindendo essa da tutti i controlli e le  cautele
che la disciplina nazionale prevede  o  prevedera'  per  la  verifica
della compatibilita' con la tutela dell'interesse ambientale, che  e'
ritenuto uno dei  valori  fondanti  della  Repubblica,  dai  principi
fondamentali della Costituzione (art. 9). 
    Di tale importanza l'art.  117  co.  2  lett.  S  costituisce  la
riprova e l'applicazione concreta, dal momento che l'esclusivita' dal
potere legislativo  in  materia  determina  la  costituzione  di  una
preclusione assoluta alle Regioni dall'interferire in alcun modo  con
questa legittimazione dello Stato, sia contrastando la normativa gia'
vigente sia anticipandone l'adozione con  previsioni  pregiudizievoli
anche  solo  potenzialmente  della  tutela  unitaria,   uniforme   ed
inderogabile. 
    La deroga che la L. Reg. 17/2014 introduce  puo'  avere  una  sua
giustificazione  rispetto  alla  normativa  regionale,   ma   nessuna
validita' od efficacia rispetto a strumenti di tutela del  territorio
e dell'ambiente di matrice nazionale. 
    Piu' specificamente possono essere considerate le  situazioni  di
contrasto con la disciplina nazionale di riferimento  indicate  nella
delibera del Consiglio dei Ministri 31.7.2014, che richiama in primis
la normativa in materia di pianificazione del bacino quale  strumento
vincolante per le amministrazioni e gli Enti pubblici, evidenziandone
la sovraordinazione ai piani territoriali ed ai programmi regionali. 
    Tale piano e' comunque lo strumento principale con il quale  sono
pianificate e programmate le attivita' e le  norme  finalizzate  alla
conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del  suolo  nonche'
alla  corretta  utilizzazione  delle  acque  e  senza  che  sia   qui
necessario riportare i suoi essenziali contenuti regolatori (co.  3),
basti ricordare che le sue previsioni hanno carattere  immediatamente
vincolante per tutte  le  Amministrazioni  pubbliche  ed  i  soggetti
privati,  condizionando   i   contenuti   dei   piani   di   sviluppo
socioeconomico e di assetto del  territorio  e  che  ad  esso  devono
essere adeguati i piani territoriali e regionali relativi tra l'altro
alle attivita' zootecniche ed agroforestali (co.5). 
    Ne consegue che  gli  stessi  strumenti  territoriali  regionali,
intanto  possono  essere  derogati  dalla  disciplina  in  esame   su
strutture e recinzioni, in quanto l'effetto di tali  deroghe  non  si
ponga in contrasto con le indicazioni dei piani di bacino  e  che  in
definitiva la pur legittima tutela degli animali di  affezione  e  la
prevenzione  del  randagismo  perseguite  dalla  Regione  Veneto  non
possono  realizzarsi  se  non  nell'ambito  ed  in  conformita'  alle
discipline statali sulla tutela del  territorio  e  dell'ambiente  in
generale. 
    Allo stesso modo  viene  richiamata  dalla  PCM  la  ancora  piu'
rilevante  possibilita'  di  contrasto  sussistente  tra   la   norma
regionale qui contestata e la disciplina a  tutela  delle  c.d.  aree
protette contenute nella L. 394/1991, che conferisce  all'Ente  Parco
il potere di regolamentare la tipologia e le modalita' di costruzione
di opere e manufatti nell'ambito del  territorio  del  Parco  stesso,
facendo  salvi  solo  i  diritti  reali  e  gli  usi   civici   delle
collettivita' locali, con previsioni talmente vincolanti che i Comuni
sono tenuti ad adeguarvisi entro 90 giorni  dalla  pubblicazione  del
Regolamento nella G.U. della Repubblica. 
    Vero e' che il Regolamento e' approvato previo parere degli  Enti
locali interessati, ma proprio questa fase «concertativa» rafforza la
sua tenuta rispetto a  previsioni  normative  sopravvenute,  qual  e'
quella che  si  potrebbe  introdurre  con  la  L.  Reg.  17/2014  ora
all'esame di codesta Corte. 
    Il successivo art. 12 affida al Piano del  Parco  la  tutela  dei
valori naturali  ed  ambientali,  storici,  culturali,  antropologici
tradizionali, prevedendo che esso contenga tra l'altro un sistema  di
organizzazione generale del territorio che lo  suddivida  secondo  il
grado di protezione che si voglia dare alle  varie  aree,  stabilendo
che tale Piano abbia effetto di dichiarazione  di  pubblico  generale
interesse,  oltre  che  di  urgenza  ed  indifferibilita'   per   gli
interventi previsti, e che  sostituisca  «ad  ogni  livello  i  piani
paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento
di pianificazione». 
    Questo e'  il  livello  di  priorita'  previsto  dalla  normativa
statale, a cui si  contrappone  indebitamente  lo  speculare  effetto
derogatorio contenuto nella ridetta legge regionale qui impugnata, la
quale per cio' stesso si conferma assolutamente illegittima,  laddove
con essa si pretende di scavalcare le  competenze  legislative  dello
Stato,  introducendo  una  deroga  di  carattere  generale   per   la
costruzione di strutture e recinzioni, la cui indubbia  utilita'  non
giustifica  ne'  legittima  la  contestata  invasione  di  competenza
legislativa.